Oblivion
Musica e ironia che ritmo. Gli Oblivion da applausi

Musica e ironia che ritmo. Gli Oblivion da applausi

[Como] Prendete la Banda Osiris, levategli tutti gli strumenti (tranne una chitarra) e obbligate i musicisti a cantare. Oppure, prendete il Quartetto Cetra e costringetelo a esibirsi dopo una notte passata in un bar dove servono solo superalcolici.

Ancora, prendete lo spirito dissacrante originario dei Monty Python, unitelo con qualche spunto del trio Marchesini – Solenghi – Lopez, spremete il tutto in uno shaker pieno del succo del miglior cabaret, con una punta di acido Dix e vi avvicinerete a ottenere gli Oblivion, Zappa in mano per dissodare i campi musicali.

Applausi convinti e risate incontenibili al Teatro Sociale sabato sera per “Il sussidiario”, uno spettacolo dove accade davvero di tutto, ancora prima che si alzi il sipario con i finti trailer de “L’infinito” e de “La cavallina storna” come se fossero due film imminenti. Francesca Folloni, Graziana Borciani, Lorenzo Scuda, Davide Calabrese e Fabio Vagnarelli sono delle forze di natura prettamente sonora, ma le canzoni fatte e finite, come l’iniziale “Tutti quanti voglion fare yoga”, in fondo sono la cosa meno interessante del ricchissimo repertorio. In questo show, che celebra dieci anni di follie sui palchi di tutta l’italia, c’è spazio per tutto, come in un vero sussidiario, anzi “Chi vuol esser sussidiario” è il quiz proposto in apertura dall’Istituto techno” con la didattica della “Canzone che ti insegna a andare a tempo”.

Dai Cetra, cui avevano dedicato uno spettacolo tempo fa, hanno ripreso il gusto per le parodie portandolo all’eccesso con un Pinocchio fatto tutto di canzoni giustapposte, geneticamente modificate fino a raggiungere vertici di rara efficacia: la palma va a “Non son legno di tek”, e tanti saluti a Morandi che, peraltro, si ritrova anche in versione “Bohemian rhapsody” in un lungo, irresistibile segmento, in cui viene accostato l’inaccostabile: Bach e Lady Gaga, Mozart e Vasco Rossi, Eros Ramazzotti cantato “a tenores” e Zucchero in versione gregoriana, come sarebbe piaciuto a Ratzinger. Nel macinino di Oblivion (tra)passano i canti degli scout, la moda del rap e dell’autotuning, versioni per “non udenti” di “Io amo” e “Ancora”.

Più della satira politica di “Berlusque”, “Quando c’era lui” e “Radical chic”, però, piace la vena surreale che ben si esprime nell’improbabile radiocronaca di guerre passate di “Tutto il campo minato per minato” e, ancora di più, in uno sketch brevissimo quanto geniale e irresistibile che vede contrapporsi, e poi integrarsi “The vocalist” e “The consonant”. Gran finale con “I promessi sposi in 10 minuti” che impazza da tempo sul web in decine e decine di omaggi/imitazioni che gli Oblivion hanno montato e inserito sullo sfondo.

 

Alessio Brunialti (La Provincia)

 

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