Oblivion
Tutti pazzi per gli Oblivion, parodia scatenata e ritmo

Tutti pazzi per gli Oblivion, parodia scatenata e ritmo

[VERONA] Un Leonardo da Vinci che si cimenta nelle stories di Instagram; Galileo Galilei superstar di TikTok; Giacomo Puccini aspirante youtuber. E chissà cosa si sarebbero detti, al tempo dei social, l’autore dei Promessi Sposi e il massimo esponente dell’Ermetismo, una volta «aggiunti» a un improbabile gruppo WhattsApp. Dove ad essere connessi sono, più che le persone, linguaggi di ieri e linguaggi di oggi: un momento avveniristici e subito dopo, come in una «evoluzione darwiniana», già superati. Gli spettatori di Divertiamoci a Teatro, potranno scoprirlo al Nuovo con «Tuttorial» (repliche fino a domani), del gruppo comico Oblivion che con la sua incontenibile verve e fantasia sfacciata ha fatto impazzire l’intero pubblico del debutto. Fatto di boomer, millenials, generazioni zeta, alpha, e chi più ne ha più ne metta. Tutti destinatari scelti di una «guida in contromano alla contemporaneità», come i cinque performer Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli, amano definire il loro folle show. Un «frullatore» di idee, di suoni, di miti del passato che si reincarnano in figure iconiche del presente, nel quale in ossequio all’era del digitale è possibile trovare un «tut-torial»…. per tutto e per tutti, volendo giocare con le parole. Che è poi la cifra dello stesso allestimento firmato da Agidi e diretto da Giorgio Gallione.

Giocando con le parole e con generi di ogni sorta di ogni epoca, infatti, dal musical alle colonne sonore disneyane, dalla canzone d’autore all’elettronica e ai cori alpini, i poliedrici artisti, altresì abilissimi polistrumentisti, si fanno beffa dei più moderni mezzi di comunicazione attraverso le parodie di canzoni famose, imboccando un rocambolesco viaggio a ritroso che, ciclicamente, riproietta nel futuro. Il quale altro non è che l’attuale presente. Una scatola del metaverso dove tutto sembra il contrario di tutto, ed esibizione dopo esibizione, gli Oblivion compongono una playlist raffinatamente dissacratoria dei costumi e delle professioni del mondo contemporaneo: assistenti virtuali, influencer, copy. Nulla di più “antico”, in fondo, dato che la promozione di sé è sempre esistita. E cosi, il pensiero scientifico di Galileo sui moti della Terra trova di vulgazione in un video a ritmo di rap, postato su TikTok; i Promessi Sposi di Manzoni cercano nuove narrazioni in blasonate serie tv, mentre, girando il contenitore all’incontrario, il format del documentario by Piero Angela, diventa il buco della serratura dal quale spiare il comportamento di due particolari specie umane: il leone da tastiera e il Rider Deliveroo, eterno precario alla disperata ricerca di un numero civico.

Nella satira musicale oblivionesca c’è spazio sia per la risata più leggera che per quel riso amaro capace di ricondurci alla consapevolezza di limiti e opportunità del nostro tempo. Un racconto goliardico e pungente, in cui oltre a tanti successi sanremesi alfiorano immortali tormentoni come «T’appartengo» di Ambra Angiolini, «Mon amour» di Annalisa, il neomelodico di Andrea Sannino. L’oggi diventa in pratica una materia di studio e ricerca da indagare direttamente sul palco – come in una sorta di laboratorio antropologico a porte aperte – e sotto la loro lente ironicamente deformante finiscono anche retaggi di civiltà post moderna quali «sessismo» e «patriarcato», fino al più recente «politically correct».

Francesca Saglimbeni (L’Arena)

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