Oblivion
Othello, la “H” è muta: la consacrazione degli Oblivion

Othello, la “H” è muta: la consacrazione degli Oblivion

[Ravello SA] Straordinari. Non c’è altro modo per definire i componenti della compagnia Oblivion, che sabato 17 agosto ha presentato in prima assoluta al Ravello Festival 2013 la nuova produzione.
“Othello , la H è muta” è la prova definiva che Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli sono cinque fenomeni, veri campioni di originalità.

Con questo nuovo titolo, il gruppo nato dieci anni fa a Bologna si giocava il tutto per tutto. Sarebbero stati capaci i cinque “cantattori” di mettere su un’intera pièce con una trama unica, senza contemporaneamente perdere lo smalto e la comicità tipica degli sketch che hanno regalato loro la grande popolarità? Un’ardua prova da far superar soprattutto al pubblico, abituato ai loro quadri brevi, a performance tematiche concentrate in pochi minuti, ad assaporare il loro materiale sulla piattaforma video Youtube.
Dopo avervi assistito, possiamo affermare che con “Othello, la H è muta” gli Oblivion hanno definitivamente consacrato il loro immenso talento. E per la prima volta, sul palco insieme a loro, c’è anche un “non-Oblivion”: al pianoforte, a musicare dal vivo, c’è Denis Biancucci, perfettamente inserito nel mood scherzoso del gruppo.

Come si intuisce, la compagnia ha presentato una versione parodistica della tragedia di Sir William Shakespeare dell’ Otello, il Moro di Venezia , mixando alla versione del Bardo quella musicata e lirica di Giuseppe Verdi, senza privarsi di qualche accenno a Wagner e Rossini. Il tutto, naturalmente, in salsa Oblivion. Alle note immortali del compositore di Parma, infatti, si accompagnano i remake delle canzoni pop italiane sapientemente modificate attraverso i giochi di parole ai quali i cinque ci hanno abituato, e che utilizzano per raccontare lo svolgersi della storia. Così l’ingresso trionfale di Desdemona avviene, con un cambio d’accento, sulla “Barcelona” di Freddie Mercury e Monserrat Caballe, mentre Iago si svela in tutta la sua malvagità con un “Crudele Dimòn” cucito a pennello sull’assonante canzone disneyana.

E tanti altri sono i riferimenti alle canzoni dei classici di Walt Disney, da Biancaneve a Robin Hood, chiudendo su “La Bella e la Bestia”; ma si racconta dell’Ave Maria di Schubert e si svelano, a tempo di musica, nozioni del mestiere teatrale, come gli “a parte” e il Metodo Stanislavskij.
Con questo Otello gli Oblivion hanno portato in scena quattro secoli di cultura “alta” in modo irriverente. E anche quando ci scappa qualche parolaccia non si scade mai nella volgarità becera alla quale ci hanno abituati i maldestri e ripetitivi comici da cine-panettone.

Qualità e “commercialità” del prodotto teatrale possono convivere? Gli Oblivion sono la dimostrazione che la risposta a tale quesito può e deve essere affermativa.

Maria Rosaria Carifano (NonSoloCinema blog)

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