Oblivion
Lo speciale “Jukebox umano” degli Oblivion

Lo speciale “Jukebox umano” degli Oblivion

[Trieste] Impossibile che gli Oblivion deludano le aspettative: “The Human Jukebox” riconferma ancora una volta lo strabiliante, magico e coinvolgente talento di Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli.  Uno spettacolo brillante e innovativo, un mix di creatività e improvvisazione.
È un qualcosa di unico e irrepetibile che, pur vedendo la partecipazione del pubblico, non lo invita mai a salire sul palco. È uno spettacolo che “cambia ogni sera”: poco prima dell’inizio, gli spettatori entrano in platea e, dopo aver preso posto, vedono avvicinarsi uno dei cinque Oblivion che porge loro penne e foglietti bianchi su cui indicare il proprio cantante preferito, per poi inserire tutti i bigliettini raccolti in una sorta di urna trasparente. E sarà proprio quest’urna -colma di foglietti- lo strumento attraverso cui gli Oblivion sorprenderanno ancora una volta la platea. Nel corso dello spettacolo, a turno, sorteggeranno il nome di un cantante il quale, assieme agli altri estratti (una decina in totale), diventerà obiettivo delle loro parodie e della loro inconfondibile ironia.
Una “macchina infernale”, in cui artisti italiani e stranieri vengono presi di mira, smontati e “distrutti” solo come gli Oblivion sanno e possono fare. Ecco che così, in base alle preferenze del pubblico, Jukebox si presenta come completamente diverso a ogni replica, mantenendo però sempre anche una parte fissa: e così il pubblico viene da subito conquistato con un ripasso di tutte le canzoni vincitrici a Sanremo e con una spassossima parodia del “Volo”. Gli applausi e le risate della platea non si fermano all’entrata sul palco di Albano e Romina, Pupo e Toto Cutugno che, perfetti in una caricatura ineccepibile, si esibiscono durante un festival russo. E poi escono dalle quinte Giusy Ferreri, Marco Mengoni, Noemi e Chiara, con il loro mondo dei talent show, e le loro canzoni del tutto piacevolmente stravolte attraverso l’evidenza dei loro, ormai indentificativi, difetti.
Un vero e proprio Juxebox umano, con la differenza che il pubblico può solo fischiettare la melodia sulle note delle canzoni… essendo, i testi, trasformati in qualcosa di mai sentito prima e di costantemente, brillantemente, inconfondibilmente e ironicamente strampalato.

Cristina Rovis (Teatro.org)

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