Oblivion
La parodia intelligente degli Oblivion

La parodia intelligente degli Oblivion

[Parma] Sono un fenomeno web: e mercoledì sera al Regio abbiamo capito perché.
Sono bravi gli Oblivion: giovani di talento capaci di tenere i tempi dell’ormai tramontato teatro di rivista tra gag disarmanti, satira, canto, ballo e un ritmo inesauribile. Si rifanno ai grandi – Quartetto Cetra, Monty Phyton, Giorgio Gaber, Petrolini, Café Chantant – e il loro «Othello, la h è muta» (per AltraOpera), con la regia di Giorgio Gallione, ha conquistato, divertito, entusiasmato: tantissimi «Bravi», «Bis», applausi a scena aperta per un’accoglienza decisamente positiva. Non erano in tanti – moltissimi però i giovani – per questa parodia che «profana» a colpi di ironia il genio di Shakespeare e di Verdi con quell’ «h» che appunto li separa: paura forse di certe contaminazioni nel nostro indiscusso tempio della lirica? In scena un Otello «Balotello» sospeso tra Arrigo Boito e il Bardo dell’Avon: frammenti di tragedia shakesperiana con un Moro o «diversamente biondo» e quel «fazzoletto» che torna e ritorna tra doppi sensi, giochi di parole, calembour. Contraltare della poesia e delle arie più amate canzoni di Mogol, Patty Pravo, Zucchero, senza dimenticare il repertorio goliardico. Sanno proprio fare di tutto questi cinque ragazzi, accompagnati al piano da Denis Biancucci, all’occorrenza anche voci da tenore o soprano: Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda (il musicista del gruppo) e Fabio Vagnarelli. Artisti versatili che vengono dalla scuola di Musical di Bologna (BSMT): da allora non si sono più lasciati, stavano per sciogliersi e poi i loro famosi «Promessi sposi in dieci minuti» postati in rete li hanno salvati (e Zelig li ha subito richiesti, ndr). E non risparmiano proprio nessuno questi «miracolati della banda larga»: con il loro tono dissacrante mettono alla berlina anche l’Ave Maria di Schubert (trasformata in disco dance), il Lago dei Cigni e prendono in giro proprio tutti tra il grammelot di Dario Fo, imitazioni di Vianello e Mondaini, Galeazzi, Piero Angela e un finale drammatico alla Ligabue. Sonore le risate in sala per un divertissement mai volgare. Una gruppo di giovani nel foyer in cerca di un autografo ha sancito ulteriormente il loro successo. «Grazie a loro ho imparato ad amare i Promessi Sposi»: dice con entusiasmo la quattordicenne Teresa Paganuzzi. Ergo: benvenuti Oblivion!

M.C.M. (La Gazzetta di Parma)

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