Oblivion
Le voci dissetanti degli Oblivion

Le voci dissetanti degli Oblivion

Non ridete di chi vi fa ridere: dietro ogni leggerezza riuscita c’è una vera fatica. Visti sul palco del Teatro delle Celebrazioni, i cinque Oblivion sono freschi, cristallini, scorrevoli e dissetanti come acqua di fonte, ma la loro scommessa sul “new rétro” non deve essere stata facile da vincere. Reincarnazione più che perfetta (una voce in più) del Quartetto Cetra, riempiono i teatri con un genere che sembrava sepolto assieme alla tivù senza colori: la parodia musicale, le storie (da Shakespeare ai Promessi sposi in dieci minuti) raccontate cambiando le parole alle canzoni da karaoke. Gioco che rischierebbe di avere un sapore da campeggio boy-scout se Lorenzo, Francesca, Davide, Graziana e Fabio non sfoderassero quell’impasto vocale perfetto, quel puro godimento armonico che ricorda i gruppi vocali americani anni Cinquanta. Si ride, spensieratamente e di gusto, alla scoperta che Ramazzotti può somigliare a un coro sardo a tenores, che Zucchero sembra ispirarsi a un messale gregoriano… Osannati da un pubblico che conosce tutti i loro numeri a memoria per averli scaricati da YouTube, ora gli Oblivion hanno una responsabilità. Si può dare di più. Il ruolo di Manhattan Transfer italiani è ancora vacante, dateci sotto.

Michele Smargiassi (La Repubblica)

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